Franceschini come Alice. Non lo sa

Avrà pure dei difetti, ma un pregio di sicuro ce l’ha: l’immaginazione fertile. Vivace e piuttosto navigata. È l’immaginazione del ministro Dario Franceschini, il quale pur di dire qualcosa che vagamente rassomigli al suo mandato ministeriale ha vagheggiato la data mitica del 27 marzo per la riapertura di cinema e teatri. L’annuncio fu ufficiale e piuttosto rombante, perfino enfatico giorni fa. Un atto di apparente buona volontà e una altrettanto illusoria offerta di sostegno allo spettacolo e alla sua industria macinati dal virus. Insomma una cosa buttata là, tanto per dire proviamoci.

Chissà se la proposta avrà un seguito. Coi colori cangianti non si sa mai e vedremo perché.

Ma un aspetto della vicenda, a prima vista secondario, sorprende e sgomenta. Dario Franceschini oramai è avviluppato come un’edera al suo ministero, poltrona che occupa stabilmente dal 2014, in successione nei governi Renzi, Gentiloni, Conte Due e, adesso, Draghi, salvo l’interruzione durante il Conte Uno quando il suo posto fu preso dal discusso ed effimero Alberto Bonisoli in quota grillista. Uno così, si presume, sa tutto dei settori di sua competenza, cioè ne conosce le dinamiche culturali, sociali, psicologiche e soprattutto industriali considerando la crisi distruttiva del comparto.

Invece sembrerebbe non avere consapevolezza e certezze quando proclama la riapertura delle sale al 25 per cento, ovviamente nelle zone gialle e con posti preassegnati: mostrando ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di non capire un’acca delle dinamiche produttive del cinema e delle logiche economiche relative agli investimenti nella promozione dei film (perfino gli incassi di un potenziale blockbuster non basterebbero neppure al rientro delle spese pubblicitarie) , al pagamento dei cachet per gli artisti sul palcoscenico nonché ai costi di gestione per un esercente di cinema che deve tenere la sala aperta per quattro gatti quando in epoche migliori stentava a pareggiare i suoi conti con le sale al completo. Temi estensibili, ovviamente, ai teatri di gestione pubblica o privata.

Per non dire dei colori regionali. Perché le riaperture, se ci saranno, saranno riservate alle sole regioni gialle. Dunque al quasi nulla, meglio, al 25 per cento del nulla pure auspicando che in Italia, alla data proclamata, sia rimasto qualcosa di giallo. Poi lo sa il ministro che fine marzo incomincia a essere periodo di saldi e  avanzi stagionali per lo spettacolo, specie per il cinema? No, non lo sa come l’Alice che intitolava l’album Francesco De Gregori. Oppure dà a vedere di non saperlo. Lo sanno bene, piuttosto, le società di distribuzione dei film: che fino ad ora non hanno previsto uscite.

Il cinema Azzurro Scipioni di Silvano Agosti a Roma, in chiusura definitiva. In alto il ministro Dario Franceschini (crediti foto: Agi, Wikipedia, Italianways)

Se le cose restassero così le sale riaprirebbero alle all’interno di un importante segmento di mercato quale è Roma. Riaprirebbero, salvo una. L’Azzurro Scipioni di Silvano Agosti, cui l’epidemia ha inferto un colpo mortale. Luogo produttore di cultura e di passione cinematografiche, oramai destinato alla memoria, così come presagisce la nuova assessora alla Crescita culturale del Comune Lorenza Fruci (ex compagna di liceo della sindaca Virginia Raggi chiamata col suo buon curriculum a sostituire il bravo Luca Bergamo), che testualmente comunica con toni, insieme, da omelìa funebre e benservito di fatto nel vuoto effettivo di contenuti: “Dopo aver instaurato in queste settimane un dialogo e un ascolto costante sia con Silvano Agosti che con la proprietà del cinema Azzurro Scipioni, abbiamo compreso la volontà di Silvano di non proseguire. Ho così chiesto alla Casa del Cinema di accogliere questa grande esperienza e portarla nuovamente a disposizione della comunità, promuovendo delle serate dedicate alla Casa. Contemporaneamente faccio un appello anche alla Fondazione Cinema per Roma, perché promuova anche in sinergia con la Casa del Cinema iniziative che consentano di non disperdere il lavoro di Agosti e il valore dell’esperienza dell’Azzurro Scipioni. Da parte nostra ci impegniamo a valorizzare questa importante esperienza, e a non dimenticare la sua storia così significativa e importante per il cinema e per i romani”.