John Lennon due volte 40

Immagine: Nick Fewings/Unsplash

Il gioco dei numeri e del tempo a volte si fa tragico/magico. Richiama e rimbalza, rimanda alle figure, riposiziona la sostanza dei miti. E molto altro. Nel caso di John Lennon, che fu ammazzato sotto casa a New York in una manciata di secondi concitati e cattivi, quel gioco racconta che sono passati quarant’anni da quell’8 dicembre dell’80 e che Lennon, di anni, ne aveva quaranta. Mark David Chapman, l’omicida, era un pazzo definito “fan squilibrato” e tutto lascia credere che sia rimasto tale. È andato come meritava in galera e ci è rimasto, nell’America dov’era più facile procurarsi una pistola che comprare un lecca-lecca e dove le cose, a quanto pare, non sono cambiate.

Certe morti si dimenticano più a fatica di altre. Le morti non sono tutte uguali. Ci sarebbe parecchio da ragionare, su questo, sul peso mediatico degli eventi e naturalmente su quello dei protagonisti. La morte di Lennon è di quelle che restano quasi inverosimili, paradossali, abnormi, per certi versi – si eviti ogni fraintendimento – grottesche. Una morte irregolare, così come Lennon era probabilmente il più irregolare fra i suoi compagni di Beatles band.


Kunsthal Charlottenborg /Yoko Ono Transmission – Nel titolo Image in The Beatles ♡ collection by J on We Heart It

Non si può che restare appesi a ciò che egli ha consegnato alla musica e a taluni struggimenti che qualche frammento sonoro di Imagine, per esempio (e ovviamente non solo), ancora sollecita; tra vibrazioni e rimpianti. Però gli artisti, si sa, non muoiono davvero, chi con le parole, chi con i versi, chi appunto con la composizione musicale. Restano lì per l’eterno, diciamo fissati nella loro fase creativa, senza passato né futuro. Come Brian Jones morto nel ’69, Janis Joplin e Jimi Hendrix nel ’70, Jim Morrison nell ’71, Bob Marley nell’81 e tutti gli altri spiriti nel grande cimitero del pop. Eppure il Lennon di Liverpool assassinato quarant’anni fa, che oggi avrebbe 80 anni (altro rimbalzo di numeri – 8 dicembre 1980), non può con la sua vita tagliata in due che far fantasticare sul suo futuro e su tutto quel che avrebbe ancora potuto produrre, magari accanto a Yoko Ono, imponderabilmente odiata dalla società invisibile. Sono canzoni che non ascolteremo mai.

Ero in redazione, la redazione spettacoli  de Il Tempo, quel giorno e quando la notizia fu battuta dalle agenzie si ebbe percezione del superamento dell’improbabile, della prevalenza del credibile sull’incredibile, infine dell’evento illogico e insostenibile. Malgrado Lennon, per tutto ciò che gli è cresciuto attorno in tutti questi anni di mitologia rampicante, fosse appunto meno “mito” di oggi. Sempre John Lennon, tuttavia, capace di produrre emozione anche nella scrittura della sua morte. Una collega pianse, leggendomi; forse avevo esagerato parlando di un vinile graffiato che continuava a girare sul piatto, all’infinito. Ricalcando la traccia grafica e simbolica di un “8” che ritroviamo parecchie volte in questa storia.