Killer & serpenti, cinema umiliato

L’HO GIÀ SCRITTO, tempo fa. Si aggirano. Nell’oscurità e neanche tanto. Nella penombra di una notte non del tutto tenebrosa ma con buone probabilità di diventarlo. Con lame luccicanti tra le mani, sotto la luce dei lampioni. Passi silenziosi sugli asfalti notturni ancora bagnati di pioggia, sguardo circospetto come si conviene agli assassini. Tranquilli. Nessuno li segue. Nessuno li controlla.

Sono i killer del cinema.

Quelli che hanno proclamato la riapertura della sale a orario e capienza dimezzati, che non hanno dato garanzie ai distributori, che hanno consapevolmente ignorato l’importanza della sala come celebrazione di un rito collettivo e dialettico  della visione rispetto all’individualità coatta e silenziosa di quello domestico. E che, soprattutto e più colpevolmente che mai, non sono stati capaci di promuovere il concetto di “ritorno al cinema” come riappropriazione e nutrimento di un patrimonio culturale che per l’Italia è prezioso quanto quello turistico e museale (vero Ministro Dario Franceschini e suoi collaboratori?). Perché il cinema non si promuove in modo tanto grossier, primitivo e ininfluente, dimenticato dalla politica, messo all’angolo dallo streaming,  umiliato dalle piattaforme, relegato economicamente a comparsa e trasformato in fiction, tout court diventato “televisione”.

Tuttavia Dario Franceschini è contento. Finalmente può mostrarsi in pubblico senza imbarazzarsi perché cinema e teatri, per volere del Governo, sono stati riaperti. Per la verità il Ministro era contento pure prima, perché secondo lui, probabilmente, cinema e teatri chiusi non erano un problema, c’era il virus quindi ovvio che la gente non potesse frequentarli. Poi il disastro culturale, inteso nella sua complessità, contro il quale s’intruppava il Paese non era rilevante. Così come non aveva rilevanza la proliferazione aliena, sguaiata e arrogante dello streaming su decine di piattaforme variamente note, di pari passo con l’altrettanto sguaiato e arrogante strisciare della fibra, serpente ottico & misto radio giga-sibilante,  sotto i nostri piedi, tanto utile quanto prodiga di utili per chi ne amministra la rapidità d’azione. I conti, come si dice, tornano.

(Il ministro Dario Franceschini – Foto Francesco Ammendola)

Tornano un po’ meno per i teatri che si chiudono anziché riaprirsi, per le sale cinematografiche del cercasi pubblico disperatamente, già private di film importanti che le distribuzioni (giustamente) manco si sognano di buttare al macero e alle prese con orari stravaganti. Altri conti alla mano che tornano. A molte di questa sale, se non a tutte, neppure conviene riaprire il botteghino considerati i costi i gestione. E difatti in molti non hanno riaperto e ci si domanda quante multisale, per esempio, avranno abbastanza film decenti da occupare tutti i loro spazi (diversamente, com’è noto a tutti salvo alla politica ministeriale, questo tipo di struttura non è sostenibile).

Gli incassi, che dire miseri è un eufemismo, non potevano comunque essere, non dico cospicui, ma almeno decenti. Incominciano a essere i mesi dei mari e delle scampagnate, basti guardare al box office per trovarsi di fronte a una terra arida e inospitale, incassi da qualche migliaio di euro, spiccioli, mance e miseria che si allungano perfino al primo della classe che fatica a toccare il milione e già parliamo di miracolo.

Ma va bene così. Non è un paese per emozioni corali. Il sociale cede al social e per esprimersi basta un tweet. Forse non tutte le pandemie vengono per nuocere.