La vita che verrà, via dal marito-mostro

di Claudio Trionfera

LA VITA CHE VERRÀ – HERSELF – Di Phyllida Lloyd. DRAMMATICO, IRLANDA, GRAN BRETAGNA, 98’ – Con Clare Dunne, Harriet Walter, Conleth Hill, Molly McCann, Ruby Rose O’Hara, Cathy Belton, Rebecca O’Mara, Ericka Roe, Ian Lloyd Anderson, Sean Duggan, Aaron Lockhart, Anita Petry, Dmitry Vinokurov. BIM Distribuzione. 😍

Clare Dunne in una inquadratura de “La vita che verrà – Herself” (Foto BIM Distribuzione)

E PENSARE che l’inizio sembra zeppo di felicità, al suono della gioiosa Chandelier di Sia e una madre che balla in girotondo con le due figliolette. Poi s’accende la violenza. Perché quella donna, che si chiama Sandra e ha il volto di un’attrice travolgente come Clare Dunne, è sposata con Gary (Ian Lloyd Anderson) il quale, da marito animale, la massacra di botte in una scena molto forte e del tutto programmatica per la direzione che prenderà il bel film La vita che verrà (Herself) di Phyllida Lloyd (la si ricorda per aver diretto Mamma mia! Nel 2008  e The Iron Lady nel 2011).

Alle percosse feroci segue, com’è giusto, la fuga. Itinerario dolorosamente classico: servizi sociali, lavoro umile, vita trafelata, ansie, antidolorifici e trauma persistente nel ricordo dei pugni e dei calci ricevuti dall’energumeno. E il problema abitativo da risolvere, con graduatorie da scalare e tutto il resto. Sandra vaga con le figlie, sorridente e serena con loro nonostante le tempeste interiori, finché spunta, inattesa come un lampo, la soluzione: costruirsi una casa da sola, seguendo un progetto trovato su internet, aiutata da una splendida agiata dottoressa Peggy (Harriet Walter) che le regala il terreno e dal generoso operaio Aido (Conleth Hill) nonché da una gruppo di nuovi amici e amiche in piena espressione di solidarietà.

Clare Dunne alle prese con il marito (Ian Lloyd Anderson) (Foto BIM Distribuzione)

Non tutto, forse, andrò per il verso giusto, poiché la perfidia di Gary è sempre dietro l’angolo; ma per l’indomita Sandra “la vita che verrà” sarà migliore di quella che è stata.

La casa da costruire resta il centro allegorico della storia, naturalmente: in un dramma dove s’infila volentieri e benigna la favola della fratellanza e del vicendevole ausilio con splendide figure di donne nell’ottica, com’è evidente, tutta al femminile. Ci sono le radici di un ottimo cinema emozionale e tosto nel più classico dei caratteri irlandesi, con una recitazione sempre in linea con le intensità e il fervore necessari allo sviluppo del racconto. C’è anche una tracklist molto nutrita tra indie, alternative e rock: oltre alla Chandelier iniziale si ascoltano fra l’altro Follow the Sound (Fehdah, Kean Kavanagh, David Kitt), Ice Cream Sundae (Inhaler), Dreams (Cranberries) e diversi altri brani, incluso il suggestivo tradizionale The Lass of Aughrin che ascoltiamo dalla stessa voce di Clare Dunne prima della celeste versione Úna Palliser.