Storm Boy, quel pellicano a volte ritorna

di Claudio Trionfera

STORM BOY – IL RAGAZZO CHE SAPEVA VOLARE – AVVENTURA, AUSTRALIA, 100’ – Di Shawn Seet. Con Geoffrey Rush, Finn Little, Jai Courtney, Erik Thomson, Brad Williams, Natasha Wanganeen, Trevor Jamieson, Morgana Davies, Michelle Nightingale, Miraede Bhatia-Williams, Chantal Contouri, Paul Blackwell, David Gulpilil. Distribuzione Medusa Film.  🙂 

Geoffrey Rush, lo “Storm Boy” diventato nonno ricorda la sua favola giovanile (Foto Medusa Film)

C’è qualcosa di misterioso che aleggia spesso nel cinema australiano. Sarà il paesaggio, saranno gli aborigeni con la loro presenza grandiosa e monumentale, fatto sta che il rapporto tra società e natura pare sempre sfuggente, scivoloso, a volte carico di presagi neppure tanto buoni.

Succede così anche in questo Storm Boy, che il sottotitolo italiano rende più affine all’avventura giovanile che all’inquietudine e certo non è L’ultima onda di Peter Weir. Però ciò che lega il giovinetto Michael (Finn Little) a un pellicano, allevato da pulcino dopo che dei bracconieri hanno sparato alla madre e poi chiamato Mister Perceval, è davvero qualcosa di speciale. Perché anche Michael, a tutti gli effetti Storm Boy poiché annuncia tempeste per ogni pellicano che muore ammazzato così come lo ha informato un aborigeno suo amico, è senza madre e vive col padre Tom (Jay Courtney) su una spiaggia remota.

Passato e presente si riuniscono: Finn Little, Geoffrey Rush e Morgana Davies. Sullo sfondo Jay Cortney e il pellicano in una casa sul mare che adesso non c’è più (Foto Medusa Film)

A ricordare tutto questo suo magico passato, è oggi il Michael oramai nonno (Geoffrey Rush) che lo racconta alla nipotina Madeline (Morgana Davies): lui nel cda di una compagnia mineraria che minaccia il territorio, lei convinta ecologista impegnata (con successo) a fargli contrastare il progetto. E con quelle memorie affiorano lunghi flashback nella cifra di una avventurosa favola per famiglie a difesa della Terra e della sua sacralità rappresentata dall’archetipo aborigeno quale divinità conservativa: avvertimento benigno ma severo in un film a vocazione ecologistica cui Rush, mobilitato da una regìa molto attenta a raccontare le cose giuste nei giusti passaggi narrativi,  contribuisce significativamente a dribblare il rischio della  parabola affettata ed elegiaca.

Vale la pena di ricordare che la storia di Storm Boy è ispirata al romanzo omonimo di Colin Thiele dal quale, già nel 1976, era stato tratto un film, Il ragazzo della tempesta, diretto da Henri Safran.