Paola Cortellesi, domani e oltre

C’È ANCORA DOMANI – Regìa di Paola Cortellesi. Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Emanuela Fanelli, Vinicio Marchioni, Giorgio Colangeli, Romana Maggiora Vergano, Francesco Centorame, Lele Vannoli, Paola Tiziana Cruciani, Yonv Joseph, Alessia Barela, Federico Tocci, Priscilla Micol Marino, Maria Chiara Orti, Silvia Salvatori, Mattia Baldo, Gianmarco Filippini. Italia, 2023. Distribuzione Vision Distribution. Durata 118’. 🍓🍓🍓🍓🍓

di Claudio Trionfera

CONTA DI PIÙ il racconto in sé o in modo con il quale viene rappresentato? Bel dilemma, specialmente al cinema e davanti a un film come C’è ancora domani che questa domanda ce la pone fin dall’inizio.

Di sicuro lo stile scelto da Paola Cortellesi (esordiente alla regìa) è decisivo. Non dico di un suo dominio sulla storia ma almeno nel taglio di un colore tradizionale che forse, almeno in parte, ne avrebbe smorzato l’impatto visivo. Immaginiamo questa storia, peraltro ambientata alla vigilia del 2 giugno del  ’46, in una soluzione diversa dal bianco e nero col quale la si rappresenta: probabilmente ne sarebbe stata banalizzata anche in una  cifra di estetica, diciamo così, non pertinente all’epoca.

Qualcuno ha incautamente citato dei referenti  solo neorealistici . Qua si vede, piuttosto, il  legame con la commedia italiana tra la fine degli anni Cinquanta e la metà dei Settanta. Dove al dramma si unisce il suo contrario e al pianto o al dolore si contrappone il riso con il gusto della battuta sàpida. Insomma lo spirito è quello e non si oltraggia la memoria di Monicelli, Scola, Comencini, Risi e tutti gli altri, inclusi molti irrepetibili sceneggiatori, se l’accostamento ha una sua logica.

E, con questo, si spiega anche la fortuna di un film molto grazioso e sorprendente, girato con un equilibrio e una delicatezza che soltanto una mano femminile può custodire, capace di alleggerire con pantomime la peggiore brutalità del maschio nel quadro domestico, recitato benissimo da tutti gli attori con a capo Paola Cortellesi medesima nella parte della trepida ma indomita Delia e Valerio Mastandrea in quella del suo rozzo, manesco e un po’ beota marito Ivano.

Entrambi, nella cornice familiare e condominiale affollata di figure assai bene caratterizzate, danno vita a una storia di gente comune e di ordinaria sopraffazione coniugale che s’impone in un percorso felicemente lineare, nonostante il  trompe-l’œil  di suggestione sentimentale nell’ultimo quarto di trama, ad illuminare il naturale riscatto della Donna. Finale che ovviamente non va rivelato e che, a suo modo, ci riferisce la felice creatività della regista-attrice e degli sceneggiatori  Furio Andreotti  e Giulia Calenda che la fiancheggiano nella scrittura. Va detto ancora della intelligente contrapposizione di canzoni d’epoca a ritmiche contemporanee nella colonna sonora; e della fotografia b/n, morbida ed evocativa, di Davide Leone.

In fondo basta poco per riportare il pubblico in sala e fargli respirare un’aria diversa da certe stucchevoli e codificate serie televisive:  cinema “popolare” e sicuramente sociale, in buona parte anche politico. Utopia consiglierebbe di mostrarlo anche alle donne in Iran.