“Corpus Christi”, una santità stradarola

LA NEW WAVE del cinema polacco. Cioè di una delle cinematografie più alacremente introspettive e spirituali della cultura visiva europea. Nuova ondata, certo a livello generazionale, ma con il marchio della migliore e più intensa memoria creativa della sue scuole, Varsavia e soprattutto Łódź. Lo dimostra limpidamente Jan Komasa, autore (pure sceneggiatore e produttore) 39enne di  Poznań con Corpus Christi, in sala dal 6 maggio, il suo terzo film dopo Suicide Room e Varsavia 44 ch precede il nuovo The Hater e che, presentato tra molti consensi in alcuni festival (anche Venezia) nel 2019 è stato poi selezionato agli Oscar nella cinquina dei migliori film in lingua straniera.

Corpus Christi, dunque. Titolo programmatico, racconto ispirato a eventi reali con un attore strepitoso come Bartosz Bielenia il quale, a soli 29 anni, riempie lo schermo nella parte di Daniel, detenuto in un carcere minorile dove il verbo divino gli si rivela attraverso le parole d’un sacerdote fino ad accendergli una voglia  di seminario destinata, per il suo status di condannato,  a restare inappagata.

Ma una volta uscito di prigione e approdato in un paese di campagna, si ritrova per caso e quasi per gioco a vestire l’abito talare sostituendosi al parroco malato; e offrendo, in questo camouflage, il meglio di quanto un prete possa offrire in termini di carità e autenticità cristiana officiando messe, predicando e conquistando l’affetto dei fedeli. Con un occhio sempre al Crocefisso e a quel concetto di sacrificio che sembra accompagnarlo in tutto il suo nuovo cammino tra redenzione, perdono ed espiazione, sempre ricordando le parole del suo mèntore: “Ognuno di noi è sacerdote di Cristo, pregare significa parlare con Dio, dirgli qualcosa di importante, come ci sentiamo,  parlargli della nostra rabbia, delle nostre paure e dei nostri torti, forse anche delle nostre colpe e lui capirà”.

Inquadrature da “Corpus Christi” del regista polacco Jan Komasa: l’attore Bartosz Bielenia nella parte del protagonista Daniel (foto ufficio stampa Lo Scrittoio e distribuzione film Wanted Cinema)

Bielenia-padre Daniel, magnetico e mistico nella sua fisicità un po’ malandrina, sfodera in chiesa delle prediche pazzesche, a volte spingendo l’uditorio all’applauso, sempre sul filo della sua verità capace di coincidere (meravigliosamente) con la più limpida delle morali cristiane. Il film ha una densità mimetico-drammatica e una sua speciale “santità” che arrivano a commuovere senza attraversare la retorica, anzi con uno spiritualismo asciutto e stradarolo sostenuto da altre recitazioni rigorose ed essenziali (tre le principali, quelle di Aleksandra Konieczna, Eliza Rycembel, Tomasz Zietek, Barbara Kurzaj, Leszek Lichota, Zdzislaw Wardejn, Lukasz Simlat), da un andare narrativo compatto e articolato, da una fotografia carica di sfumature e trasparenze in linea con il bel racconto che non può non ricordare il lontano, choccante Illuminazione di Krzysztof Zanussi. Era il 1973.