Da Fazio a Sanremo il meglio e il peggio della tv

Fabio Fazio intervista Papa Bergoglio

di Claudio Trionfera

La televisione di queste ultime serate ha offerto diversi spunti di ragionamento.  Ma varrà la pena di concentrarsi su tre momenti: l’intervista di Fabio Fazio al Papa, la puntata di In Onda domenica sera su La7 e ovviamente il Festival di Sanremo che ha occupato l’intera settimana mandando in soffitta il Covid e l’elezione del Presidente della Repubblica. Diciamo che nell’ordine di importanza e di senso sono questi gli elementi di maggiore e migliore riflessione.

Quindi si cita subito Fabio Fazio: che nel numero domenicale di Che tempo che fa su RaiTre ha realizzato con Papa Francesco un grande momento di televisione. Per due motivi: il primo è giornalistico perché un Pontefice intervistato in un programma tv è già di per sé uno scoop; il secondo è ovviamente nei contenuti perché quello che s’è ascoltato e visto merita di diventare modello di pensiero e di comportamento, tra spiritualità e materia. Intervista lunghissima, ben oltre le fuggevoli chiacchiere cui i tempi forsennati della televisione ci hanno abituato.

David Parenzo e Concita De Gregorio

Il secondo motivo di pensiero viene dalla proposta iconografica del programma In Onda su La7, guidato da Concita De Gregorio e David Parenzo (specifico di citarli in ordine alfabetico per evitare che debbano pizzicarsi anche su questo). La puntata trasmessa domenica si è aperta in modo sconcertante e un po’ surreale: alle spalle dei due conduttori campeggiavano appaiate le foto del Presidente Mattarella e di Amadeus a rappresentare, peut-être, l’Italia di oggi senza le dovute proporzioni. Mi posso anche sbagliare ma in una società dove l’immagine viene servita con la stessa incurante velocità di un tweet o di una foto su Instagram, l’effetto era deviante, specie dopo il bel discorso con il quale il Presidente della Repubblica s’è smarcato con nobiltà e autorevolezza dalle le polemiche più basse e meschine. Affiancarlo, sia pure (e forse) provocatoriamente ad Amadeus è stato di gusto pessimo. Concita e David no limits.

Amadeus uomo-immagine del Festival di Sanremo

Amadeus, appunto. E il Festival di Sanremo che tanti, forse con qualche interesse di parte, hanno supinamente osannato. Mischiando il politicamente e l’artisticamente corretti ad ogni costo, Sanremo venti-ventidue  (sic) ha prodotto un risultato pacchiano. Tra le cose dimenticabili, non è un dettaglio, il gruppo di co-conduttrici e l’imbarazzata presenza sul palco di Ornella Muti della quale Amadeus ricordava ad ogni costo l’importanza nel cinema italiano, probabilmente perché i quattordicenni di oggi non hanno visto neppure uno dei suoi film. Sicché un penitente Amadeus ha voluto ricordare alla platea gli attori e i registi con i quali lei ha lavorato, da Ettore Scola ad  Alberto Sordi, Alain Delon e via così, facendole evocare su ciascuno una parola, un’opinione, un ricordo, naturalmente con gli imbarazzi della necessaria essenzialità (esempio di domanda: “Alain Delon?”, risposta: “Bello”). Si risparmino ulteriori memorie sulle altre co-conduttrici Lorena Cesarini, Drusilla, Maria Chiara Giannetta, inclusa la sperduta Sabrina Ferilli che avrebbe potuto – forse voluto – dare un contributo un po’ più rustico al copione ingessato ma che potrebbe non aver gradito l’impacchettamento nel cliché globale.

Lasciamo andare la musica che teoricamente aveva l’urgenza di essere dominante e invece è diventata comparsa, tra brani che nel migliore dei casi parevano già ascoltati e nel peggiore erano inascoltabili. Perciò musica zero. Piuttosto voci querule, torsi nudi, canotte e trasgressioni fasulle nel segno dell’apparire e non dell’essere (o del non-essere)  dove  “tutto è permesso” per l’audience e lo share. Bell’ensemble. Dicono che sia la fotografia più anticonformista del Paese, assai colorata e ricreativa nonché felice e disinibita espressione generazionale. Non saprei.