“MaKom” nel cinema ascensionale di Benedetto Simonelli

Benedetto Simonelli e “MaKom”

BENEDETTO SIMONELLI. Filmaker/videomaker e attore. Poi pensatore e osservatore attraverso l’occhio della sua macchina da presa. Tutto questo, oggi, nelle due ore di MaKom, il suo quarto – probabilmente più completo – film dopo Radici, Genesi e Ánthropos (visibili sul canale Youtube dell’autore) dove ogni fotogramma è carico di senso e sensi secondi all’interno di un cinema autenticamente ascensionale.

Dalla ”Iniziazione” al “Viaggio” e lungo tutta l’opera, tra giochi fantàsmici di dissolvenze e gloriosi pianosequenza, il ciclo dell’esistenza scorre al modo di Siddharta e del suo fiume della vita, l’acqua e il suo suono rappresentano una colonna sonora quasi costante, un basso continuo di piena sovranità allegorica. Il termine makom (il titolo lo ritroviamo anche nelle suggestioni musicali di un genio come Dansky) in ebraico implica i concetti di spazio e di luogo e il film sembra andare anche in questa direzione; se non che le immagini che fluiscono /affluiscono sullo schermo raccontano la sintesi degli elementi e del ciclo dell’esistenza così come la osserva questo artista post-Undergrond d’ispirazione (bio)filosofica.

La Luna di “MaKom”

L’Uomo e la natura respirano insieme. Con il sole adocchiante tra le fronde, l’acqua, la terra, le piante, la Luna, il vento e le specie animate riuniti in un’unica composizione di chiara traccia simbiotica. Pare difficile ma tutto è semplice nella scene così terrene e, appunto, così ascensionali che si propongono in questa serie di estatici – ed estetici – tableaux (una citazione per il montaggio, curato da Gianluca Filippi)  in una ripetizione di quadri e movimenti che dicono di una riproduzione ciclica e incessante in una sorta di verità ecologica incapace di tradire la sua stessa forza generatrice.  Perfino le pietre, naufragando l’una contro l’altra tra nuvole di polvere rivelano l’equilibrio della natura comunicando quell’energia che tutto crea e tutto modifica.

La natura e le sue vibrazioni: tutto è scandito dalla presa diretta priva di ulteriori interventi perché la colonna sonora è determinata dall’intima armonia naturale e dal Tempo che la governa. Anche l’Uomo entra nella recita delle immagini, l’uomo che trapassa gli spazi e i sentieri, compare e scompare nel suo Transito vitale eppure erratico, effimero, quasi  fragile nella stabilità mutante degli spazi. Come il fuoco che s’accende e muore, poi trasformandosi in ulteriore materia cinerea. E l’uomo che strofina su di sé la creta nella metafora del proprio “modellamento”. È la progressione gestionale e gestuale del concetto di esistenza alla ricerca di un miracoloso punto di equilibrio.

Benedetto Simonelli e le metafore dell’Uomo

Le note della regìa specificano che il documento visivo è autoprodotto e girato sulle colline limitrofe al paese di San Polo dei Cavalieri, nel Lazio. E Simonelli medesimo, nella didascalia introduttiva, si dichiara così programmaticamente: “Io non credo che Dio abbia creato con l’Universo la Vita. Ma sono nel flusso di una continua emanazione di Energia e di una incessante Creazione di Vita ogni volta che attraverso il Corpo infinitamente esteso e concentrato della Natura”.

Niente di più esplicito per quest’opera pànica carica di poesia, di spiritualità e di pensiero capace come poche di interpretare la nostra piccola ma consapevole porzione di Creato.