Cinecittà, quando la comparsa diventa protagonista

DOPO essere stato tra i titoli che hanno visto interrotta la propria programmazione nelle sale cinematografiche a seguito dell’emergenza Coronavirus per ben due volte (a marzo e a ottobre 2020) e fresco di un prestigioso premio internazionale assegnatogli dall’Associazione dei registi e delle registe della Catalogna per ‘il suo contributo alla valorizzazione di tutti quelli che fanno del cinema la propria vita’, il documentario Nessun nome nei titoli di coda di Simone Amendola di produzione Hermes è arrivato su Prime Video (Italia, Usa e UK) con lo spirito di una nuova vita dopo la brusca interruzione della distribuzione in sala.

Lanciato con successo dalla 14. Festa del Cinema di Roma, circuitato e premiato sia in Italia che all’estero, Nessun nome nei titoli di coda è un racconto vivo e intriso di tenerezza che fa di una comparsa un protagonista. Il film s’immerge nella vita del re senza nome di Cinecittà, Antonio Spoletini (cercatore di facce, tra i tantissimi, di Federico Fellini) immortalandolo nel momento in cui vorrebbe lasciare ‘un nome nei titoli di coda’.

Antonio Spoletini con Marcello Fonte (foto ©Black Alpaca)

Un documentario apprezzato da pubblico e critica, che ha fatto innamorare personalità del cinema come il direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli: ‘Un bel ritratto di uno che il cinema l’ha fatto. Mi è molto piaciuto’ e il regista Pupi Avati: ‘Un lavoro prezioso, mi ha molto colpito, a tratti commosso. Mi auguro lo vedano in tanti’.

Insomma, da che il cinema è cinema se dici ‘comparse’, dici Spoletini. Cinque fratelli che hanno cercato le facce giuste per tutto il cinema italiano e internazionale passato da Roma. Dei cinque, Antonio, a 80 anni suonati, è ancora lì, sul suo campo di battaglia, Cinecittà. All’approssimarsi dell’idea di una fine, come ogni uomo, vorrebbe lasciare un nome nei titoli di coda. Da segnalare che in coincidenza con l’uscita in sala, il film ha ottenuto il Patrocinio Fellini 100 dal MiBACT. Nel cast, con Antonio Spoletini, figurano il suo entourage (Romina e Barbara Spoletini, Cristiano Cosimi…), la gente del cinema (Dante Ferretti, Marcello Fonte, Fernando Meirelles, Jonathan Pryce…).

Il regista Simone Amendola con Antonio Spoletini (foto ©Black Alpaca)

Tra le note di regìa si ritrovano queste citazioni: “C’è una sequenza, i funerali di Fellini, che è in qualche modo la chiave del documentario. Mentre monta la commozione negli occhi dei presenti (da Gassman alla Vitti ci sono tutti) la regia si sofferma qualche istante su un gruppo di uomini di mezza età, una decina circa. Paolo Frajese emozionato ce li racconta: ‘Questi che vedete sono gli artigiani che hanno fatto il cinema, volti a me e a voi sconosciuti ma che a ognuno Fellini aveva dato un soprannome affettuoso’. Al centro del gruppo, commosso, c’è Antonio Spoletini. Il quale, a Cinecittà, ha fatto un pezzo di strada con tutti, che siano lo scenografo da Oscar Dante Ferretti, o il suo ex figurante (ormai star) Marcello Fonte, ma c’è un luogo dove le emozioni lo tradiscono ancora: il Teatro 5. Nel film il rapporto di Antonio con ‘Federico’ è il filo drammaturgico che salda il presente e la memoria: Antonio si mette alla ricerca di una copia in pellicola di un film di Fellini cui ha lavorato e cui è profondamente legato. E questa ricerca diventa l’anima del film”.

Il regista e autore della sceneggiatura Simone Amendola è un cineasta e drammaturgo romano di 46 anni. Nel 2010 si fa conoscere con il pluripremiato Alisya nel paese delle meraviglie, che ha contribuito a far emergere il mondo delle seconde generazioni. Nel 2013 realizza con l’attore Valerio Malorni lo spettacolo L’uomo nel diluvio, considerato tra i lavori più significativi della nuova drammaturgia, nel 2014 è premiato al Premio Solinas e nel 2016 il suo documentario breve Zaza, Kurd è presentato nella sezione MigrArti alla 73° Mostra del cinema di Venezia. Nel 2019 Editoria & Spettacolo raccoglie in volume i suoi copioni teatrali.

(testo comunicato stampa)