Femminile singolare, quel mestiere di donna

FEMMINILE SINGOLARE – 7 episodi di James Bort, Rafael Farina Issas, Kristian Gianfreda, More Raça, Matteo Pianezzi, Adriano Morelli, Elena Beatrice e Daniele Lince. Con Monica Guerritore, Catherine Deneuve, Violante Placido, Agnese Claisse, Pierre Deladonchamps, Dorothée Gilbert e altri attori/attrici. Distribuzione Artex Film, prodotto da Fulldawa Production, CSC Production, Coffee Time Film, Elena Beatrice & Daniele Lince, AR Production, Sly Production, Diero Film e Arena. Drammatico. Uscita 11 maggio, durata 92′.

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UN FEMMINILE singolare destinato ad un “maschile plurale”. Protagoniste le donne con un messaggio, piuttosto chiaro, rivolto agli uomini. Questo è il senso immediato di una composizione cinematografica  realizzata a più mani e diverse entità produttive su aspetti differenti della vita femminile e i suoi condizionamenti.

Scorrono coì i temi della maternità ostacolante nel lavoro, dei sogni infranti, della sessualità repressa, dei rapporti zotici nelle società arcaiche, della violenza domestica, dei matrimoni imposti, della verginità come mito prenuziale. Tutto questo in sette capitoli stilisticamente distinti ma non divergenti, nel comune segno di climi piuttosto lividi dove il riscatto, forse, è dietro l’angolo ma a prezzo di una ribellione obbligata o di un provvidenziale soccorso di solidarietà femminile.

Monica Guerritore nell’episodio “Il vestito da sposa” (foto Artex Film)

Alcuni episodi del progetto sono più compiuti di altri. Ad esempio il primo, Nascita di una stella di James Bort, rappresenta il bivio di Emma, prima danseuse dell’Opéra di Parigi in procinto di esordire al Bolshoi in un forse memorabile Bolero: ma una incipiente gravidanza rischierebbe di frenarla se a spingerla con coraggio verso il palcoscenico moscovita non fosse la complice alleanza offerta dalla direttrice del suo teatro. Il racconto è molto rigoroso e si giova di due recitazioni esemplari della vera étoile Dorothée Gilbert, prima ballerina dell’Opéra e di Catherine Deneuve nella parte della sua direttrice.

Non meno preziosa e densa, peraltro, la recitazione di Monica Guerritore nel capitolo intitolato Il vestito da sposa di Rafael Farina Issas. Lei è Simona, che nella sua vita di operaia, moglie e madre tiene in piedi, pure nei disagi, un’intera famiglia: con un unico desiderio, quello di dotare sua figlia d’un indimenticabile e naturalmente costosissimo abito da sposa. Ma sacrificare tutta se stessa  alla propria famiglia o inseguire un sogno fuori portata per amor di madre potrebbe non essere la scelta più razionale.

Violante Placido nell’episodio “Ballerina” (foto Artex Film)

Altre donne, altri casi. Ore in climi d’apologo paradossale e beffardo, ora di aperta ribellione, ora di percorsi senza via d’uscita. Scorrono via via i vari capitoli, da Ballerina di Kristian Gianfreda dove una giovane prostituta – cui dà volto Violante Placido – affronta il suo martirio quotidiano tra fantasia e realtà; a Ajo Lei di More Raça dove il mondo animale, densamente rappresentato nel primitivismo d’una comunità rurale, adombra una sorta di primordiale bestialità del maschio; a Waiting For di Matteo Pianezzi  dove una madre malata, prodotto anche lei di una società tradizionalista, è arbitro del destino di sua figlia innamorata di una ragazza fra amori, rancori e soprassalti stregoneschi; a Hand in the Capdi Adriano Morelli dove un’altra madre si strugge e s’adopera di fronte alle urlanti pulsioni sessuali del figlio paraplegico; a Revirgination di Elena Beatrice e Daniele Lince dove un titolo assai esplicativo introduce una coppia di fidanzati albanesi nel complicato mondo della verginità femminile alle soglie del matrimonio: in agguato, per così dire, c’è la madre dello sposo che dovrebbe presenziare alla prima notte di nozze per constatare una illibatezza della sposa che, con ogni evidenza, è svanita e andrebbe ricostituita.

L’esperienza collettiva del film, nel complesso, è abbastanza risolta pure con le differenze e le distanze, anche sostanziali fra un episodio e l’altro. Nobile e felice comunque è l’intento che converge sulla scelta della data di uscita dell’11 maggio a ricordo della firma – nel 2011 – della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul.