Gagarine, il sogno del cosmonauta

GAGARINE – PROTEGGI CIÒ CHE AMI – Regìa di Fanny Liatard, Jérémy Trouilh, con Alseni Bathily, Lyna Khoudri, Jamil McCraven, Finnegan Oldfield, Farida Rahouadj, Denis Lavant. Drammatico. Francia. Distribuzione Officine Ubu. Uscita in sala 19 maggio. Durata 98’. 🍓 🍓🍓⚪️⚪️

Una inquadratura di “Gagarine”. In copertina l’attore Alseni Bathily nella parte di Youri (foto Officine Ubu).

di Claudio Trionfera

EMOZIONANTE rivedere, dal vero, Yuri Gagarin. Eroe romantico che quand’era nello spazio osò dire “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”. E la cosa, di sicuro, non piacque troppo al Cremlino di allora. Era l’avvio degli anni Sessanta e Gagarin lo ritroviamo nel bianco e nero neppure sbiadito di un documento d’epoca, quando nella Parigi periferica egli inaugurò un complesso popolare a lui intitolato: Cité Gagarine, appunto. Bagno di folla e tanto di piccone tra le mani a scavare un solco augurale.

Passano quarant’anni e siamo nella storia del film firmato a quattro mani da Fanny Liatard e Jérémy Trouilh: il giovane protagonista emigrato nordafricano si chiama, non casualmente, Youri (Alseni Bathily) e vive da tempo nella Cité che oggi è in odore di demolizione con le sue case-alveare e tanto di decadenza nonostante l’opera ricostruttiva e antidegrado di Youri e di qualche suo volenteroso amico che provano in ogni modo a evitare ruspe ed esplosivo.

“Gagarine”: la magìa nel palazzo che sta per essere demolito (foto Officine Ubu)

Ma la realtà è più dura del desiderio e delle speranze; e quella cancellazione dei palazzi diventa ineluttabile. Forse per tutti ma non per Youri che studia le stelle e sogna di fare l’astronauta  vivendo nel mito di Gagarin e trasformando quel palazzo nella propria astronave: battendo il suo universo parallelo che diventa la cifra onirica e quasi trascendente del film. Dove il giovane protagonista s’immerge lasciando levitare la sua immaginazione cosmica e il corpo (astrale?) di sé.

Gli inserti documentari del passato vengono spesso introdotti nel montaggio con effetto realistico e al tempo stesso nostalgico verso quegli anni Sessante che probabilmente rappresentarono un sogno di crescita poi naufragato nel presente, proprio come nei destini di quel quartiere chiamato ad assumere dimensioni allegoriche sul piano sociale. Tracce di un film un po’ melanconico che ha il sapore degli addii: forse non per Youri e il suo telescopio poeticamente puntato fra cielo e terra, immaginando di essere in orbita finalmente proiettato oltre la dimensione reale.