Il Grimpass che cadde sulla Terra

GREEN PASS, versione fonica Grimpass, versione telefonica non saprei ma molto simile alla fonica. Tema del giorno attualità pressante e per alcuni versi sconcertante. Il Grimpass è un pasticcio. Nato tra le contraddizioni e i compromessi. Come quello di obbligare ad esibire ciò che viene prodotto (Green pass) da un’azione non obbligatoria (la vaccinazione). Troppe teste a ragionare, troppe ideologie a intrupparsi. Alla base del pasticcio c’è la discrezionalità, nata dai compromessi della politica e da un concetto di libertà imposto a casaccio, paradossalmente spinto da schieramenti politici che la libertà la vedono come il fumo negli occhi. Pare proprio un affare alieno, di quelli che cadono per caso sulla Terra.

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Trieste, in circa duemila hanno protestato al porto

C’è un errore di base. Il mancato obbligo vaccinale. L’assenza del quale ha creato il pasticcio. Senza obbligo il Grimpass è quasi inapplicabile. L’obbligo evita le discriminazioni, inclusa quella di un Grimpass che ne dovrebbe essere la conseguenza diretta. Inoltre la mancanza dell’obbligo versione Covid-19 mette a rischio tutto il sistema vaccinale scolastico e la sua applicazione che, come si sa, è legata proprio ad un vincolo ferreo  peraltro capace, pure, quello, di creare una sciocca polemica novax.

Quindi aspettiamo il caos. Portuali e camionisti, cioè coloro che l’immaginario collettivo vede come i più nerboruti esponenti della società, annunciano sfracelli e ciascuno va per la strada sua. La gente manifesta. Tutti in strada per un motivo o per l’altro. E viene un po’ da riflettere, tra ironia, assalti demenziali al sindacato e costernazione, per tutta questa energia sociale sprecata. Ce ne sarebbero di motivi buoni per dare voce alle piazze: dall’espansione sfrenata delle aree d’indigenza alla follia fiscale, agli aumenti delle bollette digeriti senza proteste, perfino all’imposizione d’acquisto di nuovi decoder a apparecchi Tv per soddisfare esigenze di banda e operatori di telecomunicazioni. E via così, inclusi gli homeless vecchi e nuovi immersi nei cartoni e pronti ancora una volta a immolarsi nel freddo d’inverno.

Totò e Leopoldo Trieste in “Dov’è la libertà…?” di Roberto Rossellini

Ci si massacra per un principio mentre da mesi l’emissione televisiva cammina ossessivamente e patologicamente a senso unico: pure rispettandone tutte le vittime pare che l’effetto più plateale di questo virus, che finalmente qualcuno ammette nato in laboratorio, sia un diffuso, contagioso e unanime stordimento cerebrale, unito a quella feroce contrapposizione di schieramenti chiamata beffardamente a smentire la profezia (stoltissima) secondo la quale l’esperienza pandemica ci avrebbe resi tutti migliori. Era il patetico buonismo della fase iniziale, altra forma di stordimento collettivo, che ad una realtà tragica e scura opponeva i canti dai balconi.

A fine corsa, perciò, arrivati qua: alle soglie di un Grimpass che non convince chi non ce l’ha e, al contrario, chi ce l’ha esibisce con la consapevolezza di esserselo meritato con i buchi vaccinali nelle braccia e una sana coscienza civile. Siamo all’inizio di una storia ancora tutta da scrivere. E una domanda, dov’è la libertà…?, presa a prestito da Roberto Rossellini, che già se la poneva nel 1954 nella più congeniale cifra di commedia. Italiana.