Io e Lulù, strana coppia d’America

IO E LULÙ – Regìa di Red Carolin e Channing Tatum. Con  Channing Tatum, Jane Adams, Kevin Nash, Q’Orianka Kilcher, Ethan Suplee. Stati Uniti. Drammatico, commedia. Distribuzione Notorious Pictures. Uscita al cinema 12 maggio. Durata 101’. 🍓🍓🍓⚪️⚪️

Channing Tatum in un’inquadratura di “Io e Lulù” (foto Notorious Pictures)

di Claudio Trionfera

NON ESATTAMENTE Viaggio con Charley di John Steinbeck. Tutto diverso, spirito, motivazioni e sensi secondi. Però un uomo e un cane per le strade d’America non possono che avere comuni spazi affettivi e dinamici nel rapporto che li lega e nel viaggio che intraprendono. Là lo scrittore, una roulotte e un barboncino francese, qua il pastore belga e femmina Lulù e Jackson Briggs, ex ranger traumatizzato della guerra a bordo di una vecchia iconica Ford Bronco.

Insomma una suggestione d’appartenenza. Che evapora davanti alla sostanza. Perché a Jackson (Channing Tatum), che non ha più la testa a posto dopo le missioni in Iraq e Pakistan e per questo gli sarebbe preclusa la possibilità di tornare nell’esercito, viene offerta una scappatoia riabilitativa: attraversare gli States  e condurre  Lulù al funerale del suo padrone morto in uno dei tanti conflitti. Impresa non proprio agevole perché il cane, già indomito eroe di guerra e spietato cacciatore di talebani, è diventato aggressivo e feroce dopo la scomparsa del ranger suo proprietario e istruttore.

Channing Tatum è Jackson Briggs in “Io e Lulù” (foto Notorious Pictures)

Sicché il tragitto dallo stato di Washington all’Arizona è tutt’altro che un viaggio di piacere, alla fine del quale, in ogni caso, l’indomabile Lulù è destinata, “da protocollo”, all’abbattimento. Ma è chiaro che gli imprevisti e bisticci fra un uomo e un cane, che in missione hanno vissuto gli stessi orrori, non sono destinati a durare troppo a lungo, aprendo la strada ad una nuova dimensione del rapporto con una duplice prospettiva di riscatto. E chissà che l’aggressiva ingovernabile ma dolce Lulù non riesca, alla fine, a sfuggire al suo destino.

Channing Tatum ha dedicato la sua storia al proprio cane, che si chiamava appunto Lulù. Atto d’amore (e dolore) trasformato in atto cinematografico. Migrazione dal risultato, forse, non memorabile ma abbastanza genuino e godibile nella sua costruzione narrativa: dove si mescolano militari/militaristi e reduci, memorie oscure di terrorismo e squarci d’America alternativa lungo l’asfalto che attraversa il paese tra estetiche alla Into the Wild, bottiglie di Jack Daniel’s e dialoghi tagliati, com’è giusto che sia,  un po’ con l’accetta. Sempre in equilibrio fra commedia e dramma, passaggi a sorpresa e soluzioni prevedibili.

Piacciono molto i brani inseriti in una tracklist con artisti importanti, tutta indie, folk e dark country: da How Lucky (Kurt Vile con John Prine) a Run It (My Mornig Jacket), alla classica The Lion Sleep Tonight (The Tokens), Turtles All The Way Down (Sturgill Simpson), The Gambler (Kenny Rogers), Hold On (Alabama Shakes).