La madrina non piace ai rosikoni


Rocío Muñoz Morales madrina della Mostra di Venezia 2022

di Claudio Trionfera

In questa bizzarra evoluzione del comunicare dove chi rosika, insulta e si mette di traverso sa di portarsi a casa caterve di like e di follower, c’è qui, adesso, chi se la prende con la madrina della Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia (così si chiama, per favore, non festival) vale a dire Rocío Muñoz Morales, attrice, modella e presentatrice madrilena (quindi, per nostro innato amor di calembour , già “madrina” di fatto) da molti anni in Italia con buona fortuna recitativa, graziosa presenza fisica, eleganza di modi e portamenti e naturale bellezza, in tutto lontana da manifestazioni di sguaiato divismo, piuttosto molto discreta e spesso schiva.

Qualità nelle quali, probabilmente, il direttore Alberto Barbera ha intravisto un format di madrina ideale per l’anno 2022, quello appunto del dilagare incontrollato e pernicioso dei rosikoni equamente suddivisi tra ìnvidi(e) e machisti: ai quali per parlare en passant  anche di politica, non è bastato far cadere un governo nel momento più delicato della storia italiana ma adesso, occupandosi di una materia certamente più volatile, vorrebbero far cadere un incolpevole madrina che magari non ha aspirazioni da influencer di gusto pacchiano. A meno che Rocío non stia diventando oggetto inconsapevole di una campagna elettorale mai così sciocca, evanescente, intrisa di stupidità e cattiveria. Insomma le doti degli sfigati.

D’altra parte non si capisce bene perché proprio oggi, proprio adesso, proprio con questa attrice-madrina si sia aperta una querelle della quale arriva ad occuparsi – rilanciando su Fb un articolo del suo giornale – perfino il direttore di un quotidiano importante (Marco Travaglio) del quale si ricorda anche la sicumera sfoggiata alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina quando proclamò, durante un programma televisivo de La 7, che gli americani stavano gridando il classico “al lupo al lupo” per un attacco che secondo lui era una montatura e non ci sarebbe stato. Puntualmente e tragicamente  smentito, il noto direttore si occupa adesso di temi pure cinematografici senza che mai gli sia venuto in mente, a nostra memoria – ma ci potremmo sbagliare –  di affrontare il problema in modo serio parlando di chiusura delle sale e di crisi del cinema in generale.

Tornando a Venezia e alla querelle (che Paese è mai questo?) sulla sua madrina, tra le fesserie scaricate da un social all’altro e le becere incursioni degli haters non viene ricordata la genesi di questa piccola istituzione, appunto del madrinato, dovuta nel 2000 allo stesso Barbera che diresse la Mostra dal 1999 al 2001 seguìto da Moritz De Hadeln (2002-2003) e Marco Müller (2004-2011) prima che la manifestazione tornasse, dal 2012, nelle sue mani. Dunque dal 2000 ad oggi  si sono succedute 19 madrine e 2 padrini nel rispetto complessivo di una certa stabilità armonica delle scelte:  Chiara Caselli nel fatidico 2000, Stefania Rocca (2001), Alessandra Martines (2002), Claudia Gerini (2004), Inés Sastre (2005), Isabella Ferrari (2006), Ambra Angiolini (2007), Ksenia Rappoport (2008), Maria Grazia Cucinotta (2009), Isabella Ragonese (2010), Vittoria Puccini (2011), Kasia Smutniak (2012), Eva Riccobono (2013), Luisa Ranieri (2014), Elisa Sednaui (2015), Sonia Bergamasco (2016), Alessandro Borghi (2017), Michele Riondino (2018), Alessandra Mastronardi (2019), Anna Foglietta (2020), Serena Rossi (2021), Rocío Muñoz Morales (2022).

Chi vuole, può strillare perfino sul passato. Pigiando sullo smartphone e il pc i tasti di frustrazioni e défaillances. E ciascuno può ragionare sui nomi come gli pare, vengono elencati apposta. Per vedere chi c’è stato e chi no, oppure chi non avrebbe dovuto esserci. Per esempio chi c’è quest’anno va benissimo.