Suicciòff, attenti al gagliòff

di Claudio Trionfera

LO CHIAMANO Suicciòff  e può fare rima con gagliòff. Si scrive Switch Off. Mettiamola così. Da mesi , anche sotto Covid, risuonano minacciosi annunci con questa parola che, per  chi non ne conosca il significato, è del tutto invalicabile e perciò vuota di senso. Forse sarebbe stato più utile chiamarlo, come si deve, “spegnere ” o “disattivare”. Però un termine di questo genere sarebbe stato un po’ allarmante per le folle provate dalla tempesta virale e assai innervosite per le sue conseguenze, specie economiche.

Sicché switch off. Del resto fa figo dirla così. Col tono garrulo di chi annuncia sorprese e maraviglie.

Nella pratica significa che tra l’autunno di quest’anno e la primavera del prossimo chi ha un televisore comprato prima del 2017 vorrà vedere la televisione (per molti la superstite risorsa di svago e d’informazione) dovrà comprarsi un nuovo apparecchio o un decoder acconcio. C’è un bonus di 50 euro – un po’ esiguo – ma solamente per chi ha il coraggio di dichiarare un ISEE sotto i ventimila, a fare fumo sulla faccenda. Poi forse ce ne sarà un altro, di 100, ISEE senza limite, ma solamente per chi butta via il vecchio tv e deve comprarne uno nuovo.

C’è anche chi si chiede perché. Cioè che bisogno c’era, proprio adesso, di mettere in piedi questa rivoluzione? Pensare che neppure troppo tempo fa ci fu un’altra rivoluzione televisiva, quella dall’analogico al digitale, incominciata nel luglio del 2008 e conclusa lo stesso mese del 2012. Adesso è diverso, perché la promessa che, come si dice, indora la pillola, è quella di vedere più canali e soprattutto “meglio”; poi c’è il vero movente dell’azione, determinato dalla necessità di liberare la banda 700 Mhz, molto utilizzata in Italia, soprattutto dalle tv locali, per far spazio alla rete 5G per gli operatori di telefonia.

Ecco. Ci risiamo, sotto schiaffo di Telecom & C. dirà qualcuno. Noi non siamo in grado di capire, per carenza di ulteriori conoscenze tecniche e informazione sulle esigenze di salute nazionale a vari livelli, se il qualcuno abbia ragione o meno. Resta il fatto che un gran numero di televisori  – c’è un calcolo approssimativo su sei milioni di famiglie –  non potrà ricevere il nuovo segnale, dunque i programmi; con la conseguenza che, chi vorrà o potrà farlo, sarà comunque obbligato a cambiare il tv o a comperarsi un decoder adattabile al propri apparecchio. Rovescio della medaglia: una pacchia (giustamente per tecnici tv e rivenditori di elettrodomestici. Fuori discussione i vantaggi per le società di telecomunicazione.

Il Ministero dello Sviluppo Economico stabilì a suo tempo questo calendario per l’entrata in vigore del nuovo status visivo:

  • Dal 1° settembre 2021 al 31 dicembre 2021: (Area 2 e Area 3) Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e le province di Trento e di Bolzano.
  • Dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022: (Area 1) Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Sardegna.
  • Dal 1° aprile 2022 al 31 giugno 2022: (Area 4) Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Molise, Marche.

Chi dovrà intervenire dovrà farlo rispettando queste date. A meno che, come viene chiesto dall’industria di settore, non ci sia uno slittamento in avanti: perché la produzione è un po’ indietro e non ci sarebbero abbastanza apparecchi disponibili. Non certo perché qualcuno non potrebbe permetterseli.

Insomma, c’è da preoccuparsi. Perché la strategia di aggressione verso il mercato si riverbera sulla gente. E fa spuntare un quesito: chi comanda davvero in Italia? Mario Draghi? Il Governo? Enrico Letta? Matteo Salvini? Giorgia Meloni? Giuseppe Conte? Facciamo conto che sia un sondaggio, ciascuno risponderà come meglio riterrà. Ma un voce un po’ velenosa e forse calunniosa lascerà filtrare – con un’opzione ulteriore – la candidatura di una dittatura strisciante, invisibile e silenziosa come i chilometrici serpenti di fibra che scorrono sotto i piedi della comunità. Quasi un tim-timnare di manette. Annuncio di spese coatte all’interno di una coercizione di sistema che “obbliga” a spendere e non a scegliere di farlo. Vittime preferite, ovviamente, le famiglie meno agiate, le stesse, per esempio, che dovranno sobbarcarsi abbonamenti aggiuntivi se in casa ci sarà qualcuno che vorrò seguire il campionato di calcio strappato al satellite di Sky per essere affidato in esclusiva allo streaming talvolta claudicante di Dazn, quest’ultima detentrice dei diritti con supporto multimilionario di Tim la quale, a sua volta, propone modem, decoder e tecnologie adeguate al segnale ovviamente in concorrenza con i suoi competitor.

Ciascuno, a tutto questo, potrà dare il nome che preferisce. Sempre che, naturalmente, si voglia dar credito a quelle voci un po’ velenose.